Dalla tradizione alle nuove tecniche riabilitative: come la logopedia computerizzata in aiuto al trattamento riabilitativo delle patologie del linguaggio.
Dalla tradizione alle nuove tecniche riabilitative nel mondo della logopedia
Era il 14 settembre 1994, quando il Ministero della Sanità regolamentò, attraverso il decreto legge n.742, la logopedia e la figura professionale del logopedista. Da quel momento in poi il logopedista è inquadrato come l’operatore sanitario che svolge attività di prevenzione e trattamento riabilitativo delle patologie del linguaggio. Uno studio applicato sulla comunicazione in età evolutiva, adulta e geriatrica, in termini di educazione e rieducazione.
Con lo scorrere dei decenni tale profilo professionale si è adeguato alle modalità terapeutiche. Il logopedista si è dunque adeguato alle esigenze dettate dall’evoluzione tecnologica e dalla modernità.
Manuali e protocolli didattici rappresentano la base teorica di una scienza che, in questo caso specifico è per lo più applicata e fortemente legata all’esperienza. Quello che sembra essere accaduto durante questi anni nella branca della logopedia è che nonostante il tentativo di adeguarsi all’avanguardia del momento è che ci si sia fossilizzati su una pratica statica e standardizzata ferma di qualche gradino più indietro rispetto ai mezzi e agli strumenti attualmente a disposizione.
Come dovrebbe agire un ottimo logopedista?
Creatività, fantasia e capacità di adattamento si inseriscono, insieme all’empatia e alla tecnica, tra le caratteristiche indispensabili che fanno del logopedista un ottimo professionista. Ciò che però realmente evidenzia l’efficacia di una buona terapia sono i risultati ottenuti e la soddisfazione del paziente.
Nell’immaginario collettivo, nonostante siano passati ormai quasi vent’anni da quel decreto, la figura del logopedista non è ancora accreditata nella maniera corretta. D’altro canto non è semplice individuare il vero elemento di tutto il sistema:
Risiede forse nell’organizzazione formativa e quindi in ambito universitario? Appartiene alla coscienza individuale del terapista e alla sue capacità intuitive? È da ricercare all’interno delle reti sanitarie pubbliche e/o private?
Dati oggettivi dimostrano come gran parte dei trattamenti, indifferentemente dal tipo di patologia considerata, tendono a perdere di vista l’obiettivo finale del piano programmato. Si rischia così di allungarne la durata e i costi.
Sinergia col paziente per arrivare alla miglior terapia possibile
Procedendo in questo modo non si ha la possibilità di verificare l’andamento del lavoro diventa faticoso rintracciare i miglioramenti e confrontarli con la situazione di partenza. Sia il paziente che il terapista continuano a sprecare energie che, il più delle volte, convergono in punti diversi di piani paralleli, senza ottenere minimamente il risultato desiderato.
Così facendo il malcontento si diffonde ma nessuno si ingegna nella ricerca di una scappatoia, piuttosto si tende a scaricare la colpa sul mancato impegno da parte del paziente, nonché sulla poca professionalità del terapista o, ancor peggio, ci si aggrappa a luoghi comuni e dicerie confusionarie.
Eppure gli strumenti, i mezzi e le idee per creare e reagire a nuovi stimoli non dovrebbero mancare a un logopedista, nel 2013. I video presenti su questo sito rappresentano solo una parte della casistica trattata dai professionisti del suddetto studio e sono la dimostrazione oggettiva di quanto una terapia svolta secondo obiettivi ben definiti possa portare al raggiungimento completo degli stessi.
Nuovi principi di base in aiuto alla logopedia
I principi di base che vengono osservati non sono mistici né sovrumani, non si tratta nemmeno di novità rivoluzionarie sorprendenti, ma semplicemente del giusto equilibrio tra multidisciplinarità, confronto, individualizzazione e ottimizzazione di tempi, tecniche riabilitative e strumenti computerizzati.
Supponendo di dover prendere in carico un paziente con una alterazione della voce, l’iter prevedrebbe:
• Raccolta anamnestica.
• Registrazione di un brano di lettura standardizzato, all’interno del quale sono presenti elementi valutativi essenziali per una analisi multi-parametrica della voce.
L’importanza di questo step non si sofferma soltanto sulla possibilità di analizzare le caratteristiche percettive della voce al momento del primo ingresso. Vanno infatti effettuate ulteriori registrazioni dello stesso, con valore di FOLLOW-UP ossia confronto tra lo stato iniziale e l’evolversi dello stato patologico in itinere. Infine tramite una registrazione ultima, determinante la conclusione del trattamento e la prova evidente ed oggettiva del risultato ottenuto.
Questo passaggio viene omesso in gran parte delle strutture che si occupano di riabilitazione. La presenza di prove oggettive confrontabili è infatti un’arma a doppio taglio. Nonostante da un lato si valorizzi il lavoro e la competenza del professionista, dall’altro è segno manifesto di un possibile fallimento. Dato che spesso il peso della sconfitta ha valore maggiore che un lavoro svolto correttamente, si preferisce protrarre a lungo terapie risolvibili in un ciclo regolare.
Esami logopedia: gli strumenti computerizzati
E’ evidente che ci ritroviamo di fronte a uno di quegli elementi presi in esame prima, motivo di screditamento per l’intera categoria.
Per fare un esempio di strumenti computerizzati c’è lo spettrogramma vocale che analizza il tutto tramite l’esame multidimensionale della voce. Questi esami vengono eseguiti mediante software pensati per la diagnosi e la rieducazione di patologie del linguaggio, mediante strumenti di feedback audio-visivi (tra i migliori diffusi e utilizzati in Italia c’è il “Sona Speech II 3650”).
Ciò che fa la differenza nell’uso di determinati software è la capacità di personalizzarne l’utilità in base al paziente e alle sue esigenze. Certamente esistono un manuale e un protocollo che indicano per filo e per segno tutti i passi da percorrere, ma l’abilità del terapista sta proprio nell’effettuare una task analysis individuale evitando di agire per tutti allo stesso modo.
Inoltre è fondamentale informare continuamente il paziente attraverso il counseling, renderlo consapevole della sua situazione senza tralasciare alcun passaggio, fino al termine della terapia.
Talvolta, quando si è incerti dell’esito riscontrato, è opportuno richiedere un approfondimento foniatrico che ci permetta di chiarire il quadro diagnostico.
Mediante la “laringostroboscopia”, esame di vecchia adozione ma ormai tralasciato dalla maggior parte degli specialisti, è possibile studiare dettagliatamente ogni istante del ciclo vibratorio cordale e individuare il deficit con una bassissima probabilità di errore. Anche in questo caso la differenza la fa la modalità d’uso di tale strumento. Non è funzionale conservare l’immagine delle CCVV nell’album fotografico del nostro corpo, lo è invece interpretarla per la diagnosi.